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Takemusu Aikido Verona

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L'etichetta TAA / C.O.N.I.
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Federazione  T.A.A.I.
Takemusu Aikido Association 

Reigi (l’etichetta)
La parola REIGI, appunto etichetta, riunisce in sé i concetti di educazione, cortesia, rispetto reciproco, gratitudine verso il Maestro ed i propri partners.
Il rispetto di questi concetti è comune a tutte le Arti Marziali e, più in senso lato, alla vita di relazione.
REIGI è dunque l’espressione del mutuo rispetto all’interno della società ed è anche il mezzo per prendere coscienza della propria posizione in mezzo ai nostri simili.
Il Fondatore sosteneva che l’Aikido è il mezzo per essere in armonia con tutte le creature dell’Universo. Come può esserci armonia se non ci sono regole ?
Nella società, nella famiglia ed in ogni altro aspetto della vita di relazione ci sono regole. Nel Budo c’è una gerarchia naturale dettata dal sapere, dalla maturità ed è quella che distingue il Maestro dai
discepoli, i sempai dai kohai.
L’osservazione di queste regole è la condizione essenziale per la sopravvivenza e l’equilibrio della società.
Nel dojo il rispetto verso il sempai non deve essere provocato ma il kohai deve sentire naturalmente rispetto e riconoscenza verso il sempai che lo aiuta a progredire.
Lo spirito di gratitudine, di riconoscenza e di rispetto si manifesta quando si osserva un’etichetta e quando questa viene percepita in modo naturale. Bisogna però arrivare a un punto tale che venga spontaneo rispettare le norme del REIGI. Questo comportamento, per essere spontaneo, deve venire
dal cuore altrimenti la formalità sarà solo apparenza e falsità. Nel Budo, come nella vita, le nostre azioni devono essere guidate da un cuore puro, nobile e generoso.
Dopo questa premessa di carattere generale sul Reigi riportiamo qui di seguito delle forme di comportamento da osservare nel dojo di Aikido:

Si arriva nel dojo almeno venti minuti prima dell’inizio della lezione.

Non ci si intrattiene nel dojo in abiti borghesi, parlando a voce alta, ma ci si avvia subito negli spogliatoi dove, sempre mantenendo un    contegno decoroso e parlando a bassa voce, ci si cambia nel più breve tempo possibile.

E’ permesso indossare soltanto il keikogi e la cintura bianca (eccetto gli Yudansha i quali devono indossare cintura nera ed hakama). Soltanto  le femmine possono indossare sotto la giacca del keikogi una maglietta bianca.

E’ assolutamente vietato indossare monili di ogni genere.

Arrivati vicino al tatami si volgono le spalle al suddetto e si sale lasciando gli zoori paralleli o disponendoli negli appositi scaffali.

Appena saliti si assume la posizione di seiza in silenzio e si esegue il saluto (zarei) in modo corretto e con concentrazione.

Da quel momento, sotto la guida del Sempai (il più anziano come grado del gruppo) si pratica aiki taiso e ukemi, senza parlare.

Quando si vede uscire dallo spogliatoio il Maestro, il Sempai dà l’ordine di seiza, ci si allinea subito per ordine di grado decrescente da destra     verso sinistra di fronte al kamiza e si attende in assoluto silenzio che il Maestro raggiunga il centro del tatami per eseguire lo zarei insieme agli allievi.

Alla fine del primo saluto il Maestro e gli allievi pronunciano ad alta voceONEGAESHIMASU”.

Durante la spiegazione delle tecniche non è permesso per nessun motivo parlare con i compagni, fare domande, commenti o distrarsi.

Quando il Maestro, dopo la spiegazione, invita gli allievi a praticare dicendo “DOZO”, si sceglie un partner velocemente eseguendo zarei e dicendo insieme con lui ancora “ONEGAESHIMASU”. Questa formalità si ripete ad ogni nuova tecnica.

Quando il Maestro interrompe la pratica per spiegare una nuova tecnica, velocemente si esegue zarei con il proprio partner dicendo
“DOMO ARIGATO GOZAIMASHITA” e ci si allinea per
ascoltare la spiegazione.

Colui che viene invitato dal Maestro come partner deve subito fare zarei pronunciando ad alta voce “ONEGAESHIMASU” e molto velocemente   raggiungere il Maestro.

• Durante la lezione è assolutamente vietato parlare con il proprio partner; se non si è capita la spiegazione si attende che il Maestro guardi nella   propria direzione e, rivolgendosi a lui con un inchino (ritsurei), si dice “ONEGAESHIMASU”. Soltanto quando il Maestro si e’ avvicinato si   chiede ulteriore spiegazione in modo rispettoso ed a bassa voce. Ricevuto questo insegnamento si ringrazia il Maestro eseguendo ancora ritsurei  e dicendo “DOMO ARIGATO GOZAIMASHITA”. Se il Maestro è un alto grado, per chiamarlo e per ringraziarlo si esegue lo zarei.


Non ci si rivolge mai all’insegnate dandogli del tu ma, usando sempre il lei, lo si chiama Sempai se ha un grado fino a godan; oltre questo  grado, Sensei o semplicemente Maestro.

Alla fine della lezione ci si allinea nello stesso ordine dell’inizio e si esegue insieme con il Maestro zarei pronunciando ad alta voce
“DOMO ARIGATO GOZAIMASHITA”.


Si attende in posizione seiza ancora in zarei che il Maestro lasci il tatami e si allontani verso lo spogliatoio; soltanto a questo punto ci si alza e,   sempre in seiza, si esegue lo zarei ringraziando il partner con il quale si è praticato durante la lezione. E’ sempre il kohai (il più giovane come     grado) che si avvicina al sempai per ringraziare.

Si scende dal tatami e ci si avvia verso gli spogliatoi per cambiarsi nello stesso decoroso silenzio.

Prima e dopo ogni lezione, alcuni allievi volontari provvedono alla pulizia del tatami. In generesono i kohai ad offrirsi volontari ma, in           mancanza degli stessi, devono farlo gli Yudansha. Anche durante la pulizia del tatami va mantenuto il silenzio.

Per salire o scendere dal tatami quando è presente un Maestro o un sempai, va sempre chiesto il permesso preventivamente.

Per riordinarsi il keikogi o la cintura si chiede al partner “SUMIMASEN” (scusa), ci si volge verso
l’esterno del tatami (mai verso il kamiza) e lo si fa nel più breve tempo possibile. Ricordate sempre che il dojo è il luogo dove si pratica l’Arte, non solo nel senso tecnico ma anche nel senso di via spirituale: pertanto le regole sopra elencate devono essere alla base del vostro comportamento anche al di fuori del dojo perché l’Aikido non va vissuto soltanto nelle ore di pratica ma giorno dopo giorno nella nostra vita. Solo in questo modo potremo forse comprendere il messaggio spirituale lasciatoci in eredità dal Fondatore
.

Tratto da “AIKIDO Iwama Ryu” – Paolo
N. Corallini – Ed. FILPJK